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Il cammino come evoluzione della persona

Luca Bruschi

Direttore Associazione Europea delle Vie Francigene

La Via Francigena è forse la regina dei cammini itineranti in Italia; dal suo osservatorio, come descriverebbe lo stato dei cammini turistici nel nostro Paese?

Penso innanzitutto che non siano dei semplici viaggi, ma dei lunghi processi di formazione e trasformazione interiore. Esperienze di questo tipo solitamente cambiano le persone; una persona che cammina con questa modalità, che affronta il viaggio con un certo spirito, già dopo 7-8 giorni si può aprire a una dimensione di scoperta interiore. Il solo tratto italiano della Via Francigena, dal Gran San Bernardo a Santa Maria di Leuca, è composto da circa 90 tappe, vuol dire tre mesi o poco più di cammino; è chiaro che è un viaggio che ti cambia. Poi c’è il tema della meta: i cammini spesso hanno una declinazione religiosa, ma sono percorsi da persone che solo per il 10-12% dei casi li fanno con motivazioni religiose. È allora il tema della meta, dell’avvicinarsi all’assoluto anche per chi non è religioso, che fa la differenza ed è un aspetto che puoi trovare solo in un cammino lento e non in altro; basta vedere cosa succede ogni anno a Santiago de Compostela. 

Qual è allora la relazione che la Via Francigena, ma per esteso i cammini religiosi, ha con il turismo religioso nel suo complesso, che tocca anche altre tipologie d’esperienza come le visite ai luoghi sacri, ai monasteri, alle abbazie? Come entrano in rapporto queste due dimensioni?

Nel momento in cui è anche un cammino religioso, a prescindere dal fatto che uno sia credente o meno, questa dimensione la senti e la percepisci. Certo, il turismo religioso è anche andare col volo charter a Lourdes, a Medjugorje o a Czestochowa, ma il cammino religioso, lo spostarsi a piedi replicando quello che avveniva più di mille anni fa, è proprio qualcosa di completamente diverso. Sul nostro itinerario, noi abbiamo tante chiese, pievi, eremi, abbazie; sono delle perle che arricchiscono il cammino e che lo differenziano dai sentieri pur bellissimi che possiamo trovare in tutta Italia. 

In questo senso, chi percorre la Via Francigena quali altre esperienze predilige?

Il profilo culturale del nostro viaggiatore è medio-alto; quindi, il primo aspetto di connessione è sicuramente legato al patrimonio culturale; è un aspetto che andrebbe considerato anche in un’ottica strategica da parte di tutti gli enti e gli operatori che si trovano lungo la Via Francigena, perché spesso il pellegrino, se trova la pieve o l’abbazia chiusa, prosegue il suo viaggio e si perde la visita. Poi bisogna distinguere tra chi fa il cammino per un lungo tempo e chi invece fa solo un tratto per 2-3 giorni; questi ultimi sono più propensi a collegare altre esperienze come lo yoga, la degustazione, l’attività sportiva, l’esperienza culturale. Se invece lo fai per più giorni, solitamente hai in mente solo di camminare e al massimo l’elemento importante è l’incontro con la comunità locale e l’enogastronomia. Il turismo enogastronomico, che sta crescendo tantissimo, s’interseca perfettamente con l’esperienza della Via Francigena. 

Quali sono gli identikit di chi fa questa esperienza? Chi è il “Francigeno” tipo?

Innanzitutto, c’è una differenza tra turismo dei cammini e Via Francigena come “regina dei cammini”. Perché il viaggiatore straniero che viene in Italia per camminare, lo fa principalmente per percorrere la Via Francigena, per quello che essa trasmette, e non per altri cammini. Quindi, c’è un primo elemento di forte internazionalità dei nostri viaggiatori. Poi, dopo il Covid, si è molto modificata la tipologia dei “camminatori”; prima era una tipologia più “senior” come pubblico, mentre negli ultimi due anni abbiamo osservato che la fascia d’età prevalente è quella che va dai 25 ai 34 anni e sempre più spesso mi capita di intercettare anche giovani tra i 16 e i 24 anni. C’è una forte idea di condivisione tra amici, quasi un romanzo di formazione, nel voler percorrere la Via Francigena a piedi (o anche in bici, anche se i numeri sono più limitati). Infine, c’è anche un elemento intergenerazionale molto forte; spesso vedi il nonno percorrere un tratto di strada col nipote. In tutti i casi, c’è questa idea dell’incontro con l’altro, del condividere la fatica, la gioia, il pianto, la pioggia, gli abbracci arrivati alla meta. È qualcosa che non ha eguali in altre esperienze di viaggio; è una vera e propria trasformazione. Il tema centrale per noi è l’incontro come osmosi che si crea tra chi accoglie e chi arriva. È quella dimensione per cui ti viene voglia di fermarti, di parlare, di chiacchierare. Ecco, questa è la declinazione che io immagino per il tipo di viaggio di cui ci occupiamo noi. 

Qual è l’impatto del turismo dei cammini sull’intero comparto turistico?

Noi abbiamo avuto circa 50mila camminatori lungo la Via Francigena lo scorso anno. Per quanto riguarda la spesa media, questa varia a seconda della durata: dai 30 ai 40 euro per chi viaggia più di un mese, da 50 ai 60 euro per chi cammina dai 7 ai 10 giorni, mentre chi fa solo due o tre giorni può spendere anche 100 euro al giorno. Stando a questi valori superiamo i 20 milioni di ricadute economiche della sola Via Francigena; ricadute che vanno a piccoli comuni che nella maggioranza dei casi hanno meno di 5mila abitanti per i quali si genera un indotto straordinario. Il ruolo dell’Associazione Europea delle Vie Francigene è quello soprattutto di mettere in rete gli enti locali e territoriali; c’è uno scambio di buone pratiche e le istituzioni sicuramente danno un forte riscontro in merito alla infrastrutturazione, alla messa in sicurezza, alla segnaletica. Abbiamo un centinaio di comuni soci molto operativi e molto legati al brand e all’identità di Via Francigena. 

Come si promuove un brand come Via Francigena? Attraverso quali canali è importante comunicare? 

Il passaparola è ancora oggi fondamentale, paradossalmente non servono grandi campagne di comunicazione. Il cinema, la letteratura, i media possono aiutare, ma il passaparola è inarrestabile. Dobbiamo imparare che la Via Francigena deve essere per l’Italia ciò che il Cammino di Santiago è per la Spagna. Via Francigena deve essere percepita sempre più come il prodotto bandiera del turismo dei cammini in Italia; noi abbiamo più di cento cammini in Italia, uno più bello dell’altro, ma in questo modo rischi di non creare il vero brand riconoscibile da tutti. C’è tutto un sistema di arterie che sono i cammini, ma ci vuole un pilastro che anche nella comunicazione sia riconoscibile, e questo vale anche per la parte svizzera, francese e britannica della Via Francigena. 

Recentemente è stata resa disponibile su Paramount+ la docu-serie The Journey con Andrea Bocelli, interamente dedicata a un’esperienza di viaggio lungo la Via Francigena. Quali sono stati gli altri passaggi che hanno reso Via Francigena, nell’immaginario costruito dai media, ciò che è oggi?

Fino agli anni Ottanta, la Via Francigena era una delle tante vie Romee d’Europa, non aveva grande visibilità. Il primo punto di svolta è nel 1993, con la Certificazione Europea delle vie Francigene come “itinerario culturale” del Consiglio d’Europa, grazie all’intuizione del Ministero del Turismo italiano che si fece capofila di questo progetto che ha reso Via Francigena il terzo itinerario europeo certificato. Poi il Giubileo del 2000 ha moltiplicato la notorietà del percorso e nel 2001 per iniziativa dell’allora sindaco di Fidenza, Massimo Tedeschi (ad oggi presidente), è stata fondata l’associazione che si chiamava “Associazione dei comuni italiani sulla Via Francigena secondo l’itinerario di Sigerico”, poi diventata “Associazione europea delle Vie Francigene” nel 2005 con l’adesione della città di Canterbury. Un ulteriore punto di svolta è stato nel 2015 quando la Regione Toscana ha lanciato la campagna internazionale “Una Via Francigena dritta al cuore” e ha inaugurato le 14 tappe in Toscana.

Nel 2021 per celebrare i vent’anni della nostra associazione abbiamo organizzato un viaggio evento chiamato “Road to Rome Start Again” che è stato davvero il progetto giusto al momento giusto perché era la fase di uscita dal Covid; per celebrare i nostri vent’anni abbiamo percorso tutta la Francigena da Canterbury a Roma, fino a Santa Maria di Leuca in quattro mesi e mezzo a piedi, incontrando i 715 comuni, mantenendo un rapporto diretto con la base territoriale e raccontando il viaggio sui social e sui blog con un effetto “Forrest Gump”, con le persone e le comunità che si univano alla camminata. 

Noi comunichiamo costantemente sui nostri profili e pagine social; non abbiamo budget per fare grandi campagne; certamente i documentari con Bocelli o quello straordinario della BBC del 2019 con diverse celebrities britanniche hanno dato grande visibilità all’itinerario.