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Lo sport come volano di sviluppo di luoghi e itinerari turistici

Paolo Bellino

Managing Director RCS Sport

Oggi si parla molto di turismo esperienziale e “non convenzionale”; che relazione c’è con il mondo dell’attività sportiva?

Quando si parla di sport ci sono tre direttrici da tenere in considerazione per spiegare che cosa esso significhi da un punto di vista turistico. La prima sono i grandi eventi sportivi di massa che rappresentano un fenomeno di attrazione turistica perché portano in un luogo specifico le persone a vedere i grandi campioni e possiamo dire che tutti i grandissimi eventi sportivi sono in sé eventi di turismo.
La seconda è legata alla pratica sportiva che oggi si associa all’essere healthy e riguarda la partecipazione a un evento o attività sportiva di qualsiasi disciplina: maratone, gran fondo, tornei di tennis amatoriali, golf ecc. Per pratica sportiva mi riferisco a un target che non è solo l’agonista che va a fare il grande evento sportivo internazionale e magari nemmeno è un turista, ma intendo anche il semplice appassionato, l’atleta amatoriale che vuole partecipare e godersi come protagonista un evento sportivo. C’è poi una terza direttrice sostanziale rappresentata dagli accompanying persons, tutti coloro – famigliari, amici, conoscenti – che si porta dietro chi va a praticare un evento o manifestazione sportiva. Sono persone che non partecipano all’evento o fanno gli spettatori, ma vanno a fare i turisti, godono cioè del turismo dell’evento. A Siena abbiamo avuto 7.300 iscritti alle “Strade bianche”, ma sono venute 17mila persone; quindi, vuol dire che ognuno è venuto con una persona e mezza al seguito. Questi sono elementi sostanziali per capire i flussi e per definire anche gli investimenti che ci sono dietro all’attrazione turistica e all’ organizzazione di eventi sportivi e le loro ricadute. Nel caso del grande evento sportivo come un Mondiale o un Olimpiade, ci si deve aspettare un grande investimento economico legato alle infrastrutture. In un evento amatoriale l’investimento è molto più basso perché a differenza degli sport professionistici, l’utente paga per venire e quindi si “vende” capacità e posti letto.

A proposito di ricadute, qual è l’impatto di una manifestazione sportiva su un territorio?

Le ricadute sono materiali, ma non dimentichiamolo, anche immateriali perché quando per esempio si organizza un grande evento nel mondo si racconta una promozione. Lavorando nel Comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 ho potuto verificare sul campo che una delle cose più importanti che fa un’Olimpiade, ad esempio, è di posizionare il luogo dove si svolge nella mappa del mondo, dandogli una riconoscibilità e visibilità. E non è banale, perché per molti nel mondo Torino era solo una macchina della Ford che si chiamava Gran Torino. L’aspetto materiale è molto variabile e dipende sia dal tipo di eventi sia dalla disciplina sportiva e dipende da quanto si investe per aver costruito determinate infrastrutture necessarie per accogliere questi eventi. 

Posso citare l’esempio del Giro d’Italia, considerato come un grande evento professionistico con 25 giorni di copertura. Secondo studi di Banca Ifis, ci sono ricadute di vario genere: si parla di duecento broadcasters di tutto il mondo con circa 800 milioni di telespettatori. Le immagini che vengono mostrate “out of competition” – cioè, che non riguardano la corsa – hanno una valorizzazione che supera gli 85 milioni di euro che è come se si investissero 85 milioni di euro in spot televisivi per far vedere nel mondo pezzi d’Italia. Il Giro d’Italia genera una caduta diretta di 600 milioni di euro durante l’evento, che arrivano fino a 2 miliardi complessivi nei diciotto mesi successivi. Ci sono eventi come le “Strade Bianche” che uniscono in un weekend la gara professionistica al sabato e quella amatoriale la domenica sulle stesse strade. Questo, come dicevamo prima, è un evento che permette di muovere migliaia di persone con ritorni economici importanti in periodi di bassa stagionalità. Un altro esempio è il Giro di Lombardia che, sempre secondo Banca Ifis, ha una ricaduta di circa 50 milioni; ho fatto questi esempi legati al ciclismo perché nel mondo c’è un numero enorme di ciclisti, destinati a crescere esponenzialmente con le biciclette a pedalata assistita e anche perché, insieme al cammino, il ciclismo è una modalità di spostamento e scoperta di luoghi in modalità slow e sostenibile. E poi non dimentichiamo che come Paese siamo anche importanti produttori di biciclette, non tanto in numeri, ma come storia e tradizione nella componentistica, nell’abbigliamento e abbiamo una catena del valore che è infinita.

Come vede l’evoluzione del turismo sportivo?

Negli ultimi dieci anni e soprattutto a partire dal Covid è cambiato completamente il flusso di chi partecipa agli eventi, siano agonistici o amatoriali. Per questi ultimi, specialmente, non ci si accontenta più di partecipare all’evento, ma si vuole sempre più vivere un’esperienza unica, fare un weekend in un posto bello. La destinazione, quindi, diventa ancor più fondamentale così come è al contempo altrettanto vitale capire la motivazione, perché il praticante sportivo non vuole solo partecipare all’evento ma vuole fare turismo e vivere un’esperienza che si connette ad altre attività culturali, enogastronomiche e così via.

Qual è la tipologia “ideale” del turista sportivo non convenzionale?

Parliamo di un pubblico che ha generalmente un titolo di studio e condizioni socioeconomiche elevate e che si caratterizza per una grande curiosità e interesse legati ad aspetti quali la religione, l’arte, l’enogastronomia, tutto ciò che ha a che fare con il bello. Ma, soprattutto, siamo di fronte a community di appassionati, di camminata, di sci, di alpinismo, di ciclismo, in cui è marcato il senso della scoperta anche di nuovi itinerari. Faccio l’esempio del turismo slow della bicicletta: oggi per chi va in bici è forte la tendenza ad uscire dai circuiti classici per andare sugli sterrati, sulle strade secondarie in cui potersi godere nuovi panorami, scenari, luoghi, villaggi e comunità in modo diverso.

In che modo strade, percorsi e itinerari possono essere esse stesse parte dell’esperienza turistica?

Rendendo l’itinerario un racconto. Per un ciclista o un camminatore il viaggio è più importante della meta e diventa esso stesso destinazione. Questo può avvenire, nel caso del ciclismo, perché per esempio si vede una tappa del Giro d’Italia o una Milano-Sanremo che un amatore di bicicletta vuole ripercorrere. Per fare questo però occorre anche investire in varie direzioni, perché ad esempio si tende a valorizzare più la meta che il viaggio. In Italia abbiamo un patrimonio enorme di strade e bellezze architettoniche e naturali e di biodiversità enogastronomica uniche, ma dobbiamo lavorare sugli itinerari, dotandoli di infrastrutture e servizi adeguati affinché il turista possa fruire di ciò che è necessario per fare un determinato viaggio itinerante.

Come vede posizionata l’Italia nel cicloturismo rispetto ad altri Paesi?

Possiamo fare certamente di più. Per esempio si possono creare delle ciclovie che siano digitali e fisiche allo stesso tempo. I ciclisti amano pedalare in un contesto dove sanno dove stanno andando ed è importante fornire queste informazioni sulle app, dire per esempio quanto è lunga la salita del Mortirolo, qual è la pendenza nel prossimo km e così via; in questo modo si rende l’itinerario ancor di più un’esperienza. In aggiunta, si potrebbero utilizzare delle infrastrutture incredibili che ancora non utilizziamo, per esempio le case cantoniere dell’Anas, che si potrebbero rivitalizzare per creare degli alberghi dedicati alle biciclette o, come avvenuto in Abruzzo, proseguendo con la trasformazione delle vecchie strade ferroviarie in piste ciclabili. E poi occorre fare più sistema anche quando bisogna organizzare gli eventi, senza dovere tutte le volte ricominciare da capo con una visione strategica. 

Itinerari e percorsi che diventano brand; come può consolidarsi questo processo?

Cito un esempio su tutti: quello delle “Strade Bianche”. Queste sono riuscite a creare la destinazione di Gaiole in Chianti che non conosceva nessuno e oggi è il luogo da cui parte l’”Eroica”, una competizione che richiama dagli 8mila ai 10mila partecipanti tutti gli anni. Quindi, come dicevo prima, penso sia solo questione di visione complessiva dell’Italia e di capacità di messa a terra, perché le leve comunicative sono facili, abbiamo il Paese più bello del mondo. Dovremmo però forse lavorare di più a livello delle community. Lo sport e i turisti sportivi sono comunità di gente appassionata di una determinata attività, siamo in grado di intercettare tutte le community delle varie discipline sportive?