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Treni Turistici Storici: occasione di sviluppo dei territori e delle comunità

Luca Torchia

Chief Communication Officer Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane

Intervista congiunta con Luigi Cantamessa

Cos’è per Voi il turismo esperienziale e “non convenzionale” e come lo state declinando nel vostro settore?

L.T. Il turismo esperienziale non consiste semplicemente in un viaggio, in uno spostamento o nel farsi trasportare da un punto all’altro, ma permette al turista di vivere esperienze, sensazioni, incontri ed emozioni che lo legano alle destinazioni o ai territori dove il suo viaggio lo sta portando. 

Questa è la filosofia che ha ispirato il Gruppo FS nel declinare un nuovo concetto di turismo nel proprio piano industriale: garantire un viaggio che abbina un’esperienza enogastronomica oppure artistico-architettonica o che sia legata alla storia e alla cultura dei territori. Vuol dire insomma non solo viaggiare per recarsi a Firenze, Roma, Napoli e Venezia, ma anche attraversare le bellezze del nostro territorio, assaporandole durante il viaggio stesso. 

L.C. Questa è la perfetta base dalla quale noi, come Fondazione FS e come FS Treni Turistici Italiani, siamo partiti. Abbiamo, cioè, messo al centro i cinque sensi. Sensoriale ed esperienziale sono due concetti che combaciano alla perfezione con il treno. 

L’esperienza ferroviaria è fatta di udito, pensiamo ad esempio al tam tam delle rotaie, al sentire il rumore del treno, al finestrino dei treni turistici che si abbassa e fa sentire profumi che cambiano a seconda dei luoghi. È esperienziale il moto stesso del treno: oltre ai mezzi di Trenitalia che accompagnano le persone nelle località turistiche della nostra Penisola, FS ha iniziato infatti una nuova avventura, con la creazione di una società dedicata a mettere sui binari quei treni che sono in grado di suscitare nelle persone un ricordo autentico dei viaggi di un tempo e, di conseguenza, uno stupore enorme soprattutto nel pubblico giovane.

Come è nata questa idea dei treni turistici e come si sta evolvendo? 

L.T La mission del nostro gruppo, in quanto importante realtà infrastrutturale, è quella di soddisfare i fabbisogni della mobilità nel nostro Paese. 

Ciò che ha ispirato il nostro amministratore delegato Luigi Ferraris nella vision del piano industriale e nella sua messa a terra è esserci trovati di fronte a un periodo in cui l’uscita dalla pandemia – unitamente ad un contesto geopolitico in cui ancora oggi domina l’incertezza – ha improvvisamente visto aumentare il desiderio di viaggi esperienziali.  

Quindi, nell’elaborazione del piano industriale è emersa l’esigenza di dare una risposta a questa domanda, che non riguarda solo la mobilità ferroviaria, ma che racchiude la necessità di soddisfare la ricerca di sensazioni nuove, di un nuovo tipo di turismo. Tutto questo ha portato alla creazione di una società che ha nel nome stesso – Treni Turistici Italiani – la mission di sviluppare un turismo di qualità, sostenibile e di prossimità.

L.C. Partiamo da un dato: su 16mila chilometri di rete ferroviaria italiana, quasi 8mila sono formati dalle cosiddette linee complementari o secondarie. Le linee complementari hanno una caratteristica unica: sono state costruite tra la fine dell’Ottocento e il ventennio. Andavano a toccare borghi ed aree interne, in un periodo in cui non c’erano né strade né collegamenti, in un percorso in cui si vedono paesaggi italiani che nessuno potrebbe scorgere né in automobile né in bicicletta: questi 8mila chilometri di rete ferroviaria nazionale hanno insomma il pregio di far scoprire l’Italia in un modo unico, non attraversano il Paese, ma lo ricamano.

Ed è in questo patrimonio di curve, tornanti, gallerie e ponti in pietra che è possibile vivere quell’esperienza dei cinque sensi. L’Unione Internazionale delle Ferrovie Europee, d’altronde, ritiene la Fondazione Ferrovie dello Stato e la società FS Treni Turistici Italiani un “case study”, una best practice in Europa.

Quali altre attività esperienziali sono connesse a quella del viaggio?

Per esempio, c’è qualche connessione con altre forme di turismo quando proponete un viaggio turistico?

FS Treni Turistici Italiani nasce proprio per questo. Noi “ferrovieri” diciamo spesso che bisogna “terminalizzare” l’esperienza ferroviaria turistica. In altre parole, quando si scende dal treno, si inizia un percorso che può portarci a pranzare in un borgo caratteristico, lontano anni luce dai locali delle grandi città. Facciamo l’esempio della linea Agrigento Bassa-Porto Empedocle, lungo il tracciato del Treno storico degli anni ‘30 della Valle dei Templi che collega Palermo a Porto Empedocle. 

C’è una piccola fermata che si chiama Tempio Vulcano a soli 30 metri dalle ultime due colonne rimaste dell’antico Tempio di Vulcano.

Lì ci sono delle antiche stalle in pietra che sono state riconvertite, dove è possibile assaporare le spremute delle arance di Ribera. Ed è opportuno ricordare che Tempio Vulcano non è collegato da una strada: c’è solo uno sterrato che i viaggiatori percorrono a piedi e che conduce al Giardino della Kolymbethra. Qui, nell’arsura della Valle dei Templi, si trovano delle sorgenti sotterranee, sembra quasi di essere nell’Eden. Si tratta di un’esperienza dal valore inestimabile. 

Avete dei riscontri sulle ricadute economiche di questi treni storici turistici sui territori?

L.C. Abbiamo condotto degli studi secondo cui, nel caso del treno storico di Agrigento, a fronte di un euro speso dal turista per l’acquisto del biglietto del treno storico, altri tre vengono spesi sul territorio. Naturalmente non può essere solo il Gruppo FS a generare questo valore economico perché il costo del trasporto non copre il costo di produzione, ma ciò non accade in nessuna parte del mondo.

In un certo senso, il treno della Valle dei Templi è come il lago di Loch Ness: il mostro non esiste, ma attira comunque migliaia di turisti. Parliamo di milioni di fatturato. Quindi prima creiamo il mito, a questo seguirà l’industria turistica vera.

Ecco, noi abbiamo il mito.

Veniamo alla comunicazione. Su quali elementi narrativi state puntando per questo progetto?

L.T. Dal punto di vista della comunicazione, l’offerta ferroviaria turistica del Gruppo Ferrovie dello Stato può essere sintetizzata in due termini: l’”Alta velocità” – che conosciamo tutti e che ha una missione fondamentale – e l’”Altra velocità”, per chi viaggia con i treni turistici ma non è interessato ad andare veloce, bensì a scoprire i territori nascosi del nostro Paese e le loro tipicità.

L.C. Aggiungerei una terza colonna: l’”Alta panoramicità”. Intendo dire che dal finestrino del treno si apre un mondo: posso ammirare un lago, una montagna o un monumento. Cito il caso della ferrovia Sulmona-Carpinone, detta la Transiberiana d’Italia, la prima avventura dalla Fondazione FS iniziata nel 2014: si tratta di una ferrovia chiusa che conta 6.500 viaggiatori tutti i giorni e 40mila l’anno, che viaggia solo la domenica: non contribuita, ma a mercato. 

L’abbiamo definita la ferrovia del silenzio. A Palena, che è la stazione prima di Rivisondoli-Pescocostanzo, la seconda più alta d’Italia dopo il Brennero, quando il treno si ferma c’è un silenzio assoluto che, insieme al tempo, è una risorsa di cui noi oggi non riusciamo a godere appieno. Noi cerchiamo insomma di comunicare “la differenza” tra l’Alta Velocità, quel treno velocissimo che ha cambiato l’Italia in meglio, e l’esperienza diversa del treno turistico lento.

E come lo fate? Come operate a livello di media, sia tradizionali che social? 

L.C. Cerchiamo di sfruttare ogni tipo di canale, a partire dalle reti televisive, attraverso programmi e documentari dove spunta sempre una ferrovia, penso ad Alberto Angela che nella trasmissione Stanotte a Milano, la notte di Natale, ha usato una vecchia locomotiva per entrare in città. Poi la stampa con le riviste di turismo o dei territori ma anche quella generalista. Ci sono poi i social e il digitale. Cito spesso il caso di un tiktoker americano che ha pubblicato un video in cui, partendo dal Colosseo, si reca con uno skateboard a Roma Termini, carica gli sci sul nostro Espresso Cadore, si accomoda in carrozza ristorante, va nella vettura letto, la mattina fa la colazione, alza la tendina e tutto intorno il paesaggio è coperto di neve: poi scende a Calalzo e con 35 minuti di bus arriva a Cortina. C’è infine un interesse crescente per i podcast che, soprattutto per i visitatori stranieri, saranno uno strumento utile per raccontare i nostri borghi. Per certi versi, i podcast sono il canale delle nuove generazioni.

Esiste anche una nicchia legata alla comunicazione specifica degli appassionati di ferrovie, che possono trasformarsi in una sorta di ambassador che raccontano con la nostra stessa enfasi il “vieni e prova”: perché l’esperienza non si racconta, ma si prova. 

Per concludere, quali rischi e sfide vedete per il futuro nell’offerta dei Treni Turistici d’Italia?

L.T. Uno dei rischi è che i territori e le comunità, dopo l’ondata del turismo di ritorno grazie ai treni storici, non siano in grado di mantenere un livello qualitativo adeguato. Un altro fattore è legato ai finanziamenti e quindi al bisogno di contributi pubblici, dal momento che questo tipo di esercizio non è a lucro di Ferrovie, ma genera valore nei piccoli borghi. Ecco perché è importante mettere in campo tutti gli strumenti attuativi che possano far evolvere le comunità.

Terzo punto: non sono attività da fare una tantum, perché l’occasionalità rischia di non farci cogliere questi nuovi “rami verdi” di turismo che erano i rami secchi degli anni Ottanta. Noi proviamo a fare sistema Paese, del resto la storia ci insegna che attorno a una linea ferroviaria si concentravano tutte le attività economiche. Gli inglesi dicono “Build a railway and the city will spring up”, ovvero “Costruisci una ferrovia e una città sorgerà”.